Passa ai contenuti principali

Ogni cosa è illuminata #2

E' possibille che un film ti entusiasmi e ti deluda nella stessa quantità?
A quanto pare sì. L'ho provato vedendo, come avevo programmato, "Ogni cosa è illuminata".
Facciamo una doverosa premessa: io faccio parte di quelle persone a cui piace vedere i film tratti dai libri. Mi piace proprio vederne le differenze, e paragonare due diversi mezzi di comunicare la stessa storia.
Per la prima metà si ride di gusto, grazie agli stralunati personaggi che lo popolano. Jonathan (o come lo chiama Alex) veste sempre con lo smocking e ha un paio di occhialoni che lo rendono assurdamente comico. Alex ha la fisicità che parla per lui, sguardo buffo e imbambolato, andatura dinoccolata e abbigliamento sui generis. E il cane, beh, "Ogni cosa è illuminata" non sarebbe la stessa senza Sammy Davis Junior Junior. La cagna. The bitch. Ho riso come una scema quando l'ho capita. 
Molte delle scene comiche derivano infatti dai malintesi derivanti dall'incontro di due lingue e culture diverse, quella americana  e quella ucraina. E' infatti Jonathan che decide di cercare le sue radici e fare un viaggio in Ucraina, armato di una foto che ritrae suo nonno con una certa Augustina, ai tempi della seconda guerra mondiale. Si fa guidare da Alex, un ragazzo ucraino, dal nonno di Alex che si finge cieco e dalla (finta) cagna guida, che avrebbe bisogno lei stessa di una guida, rintronata come è.
A metà film il registro cambia, si inizia ad annusare il clima più teso, drammatico. La rivelazione è sempre più vicina. E se fin qui il film va (quasi) di pari passo al libro e le licenze che si prende sono solo la ciliegina sulla torta, ora iniziano le prime discrepanze. Come nel libro, Jonathan, Alex e suo nonno incontrano Lista, l'unica sopravvissuta al massacro nazista nel piccolo villaggio di Tachimbrod, vollaggio del nonno di Jonathan. 
E dopo questo incontro avviene la frattura definitiva. Sia nel libro che nel film è Alex a scoprire di più le sue radici, quello che, alla fine dei conti, non le cercava e viveva con una ostentata superficialità. Solo che viene a galla un segreto totalmente diverso.
Se non avessi letto il film, lo avrei adorato dal primo all'ultimo fotogramma. Così un pò di amaro in bocca mi è rimasto. Voto 8 e mezzo, comunque.
Occhio alla colonna sonora. Non è una semplice musica di sottofondo.

Commenti

  1. Io ADORO vedere il film tratto da un libro letto...mi piace veder "materializzare" quello che mi ero disegnata nella testa...dai personaggi ai luoghi...a volte resto delusa, a volte affascinata...

    RispondiElimina
  2. io anche al contrario, leggere il libro dopo il film! per esempio mi è successo con "l'uomo che sussurrava ai cavalli"

    RispondiElimina
  3. Evvai che la Lunga ce l'ha fatta! :-P
    Vedrai quando avrai casa tua metterai tutto come pare a te e non nel modo pazzesco con cui fanno le cose gli altri. Qui peró in questo appartamento in affitto devo dire che tutto era stato messo in modo abbastanza normale e corretto! :-)

    RispondiElimina
  4. Sicuramente in casa mia la parola d'ordine sarà funzionalità! La cosa brutta di questa casa è che è appartenuta al proprietario che ci sì è trasferito quando è rimasto vedovo 20 anni fà, ed è rimasto tutto come quando l'ha presa! Anche la carta da parati! E ti immagini che ambiente salubre! Ma qui di meglio non s'è trovato!

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Meglio che niente faccio l'insegnante.

C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà. Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti). Ecco, pare che sia

Vorrei un gesso e un whisky liscio

A voi capita mai che, in certi momenti particolari, vi succeda qualcosa che vi riporta a una particolare canzone, o addirittura ad un solo suo verso? A me è venuto in mente questo:  " Quello che importa in una persona è l'immagine che dà..." In che occasione? Stamani. Quando uno dei bimbi mi ha chiesto se abitualmente bevo whisky. Devo dire che dopo lo scorso anno dove ho tenuto un profilo piuttosto basso, quest'anno mi sono data di più ai ragazzi diventandone confidente, raccogliendo battute, sfoghi, pianti, risate. E mi sono aperta alle loro curiosità (ma dove abiti? Ma come mai fai la bidella? A te che profumo piace? Veramente ti piace l'insalata di cavolo crudo?). Non mi sono mai chiesta come mi vedessero dai loro occhi. Però tutto mi pensavo fuor che essere passata da grande bevitrice!

Diversamente titolati

Premessa numero 1. Io non ho nessun tipo di pregiudizio legato al titolo di studio: conosco dei laureatissimi e pure masterizzati ignoranti come capre e persone che con un serale hanno fatto una mega carriera nella dirigenza di grosse aziende. Che, fra l'altro, mi hanno raccontato di ingegneri da 110 e lode che non sapevano da che parte rifarsi per svitare un bullone. Ognuno sa fare il suo, lo può avere imparato studiando o lavorando, e ognuno può essere un genio o un caprone, a prescindere. Ma soprattutto (premessa numero 2) io la penso così: Per capirsi, quando ho iniziato a sentirmi stretta nel posto in cui lavoravo, ho preso a cercare QUALSIASI lavoro mi desse la possibilità di non restare a casa disoccupata e mandai CV anche per fare le pulizie. Mi chiamarono con L'UNICA FINALITÀ di chiedermi se ero proprio sicura, perché "hai una laurea". Risposi che certo che ero sicura, che avevo bisogno di lavorare e che NONOSTANTE LA LAUREA ero perfettamente in grado